In parallelo ed in contrappunto al vertice FAO sulla sicurezza alimentare, lo scorso novembre a Roma si sono riuniti 642 donne e uomini che rappresentavano 450 associazioni e comunità rurali di ben 93 paesi diversi.
Ciò che riporto è la dichiarazione finale dopo le quattro giornate dei rappresentanti in difesa di Madre Terra. Questi sono solo alcuni passi più significativi ripresi dal mensile "Aam Terra Nuova" di Gennaio 2009 da un articolo di Giada Saint Amour di Chanaz.
La Sovranità Alimentare richiede la trasformazione del sistema alimentare attuale per garantire ai produttori di alimenti un accesso equo ed un controllo della terra, delle acque, delle sementi, della pesca e della bio-diversità agricola. Ciascuno ha il diritto e la responsabilità di partecipare alle decisioni che riguardano le modalità di produzione e distribuzione del cibo. Gli stati devono rispettare, proteggere e soddisfare il diritto al cibo, come diritto a disporre di alimenti adeguati, disponibili, accessibili, culturalmente accettabili e nutrienti. Le misure di emergenza devono mobilitare risorse al livello più locale possibile e non devono servire a costringere i paesi ad accettare gli OGM.
Insistiamo sull'importanza fondamentale del nuovo comitato di sicurezza alimentare mondiale in quanto è l'istanza politica internazionale più aperta tra tutte quelle delle nazioni unite che si occupano di cibo e di agricoltura, ma rimarremo vigili nel verificare il suo lavoro. Siamo estremamente preoccupati dal programma agricolo globale e di sicurezza alimentare della banca mondiale, i cui meccanismi di governance non appaiono democratici né trasparenti e condurranno a riprodurre gli errori del passato.
Riaffermiamo che il nostro sistema di approvvigionamento ecologico nutre la maggioranza degli abitanti del pianeta (oltre 75%), sia nelle aree rurali che in quelle urbane. Le nostre pratiche sono finalizzate all'alimentazione dei popoli e non all'arricchimento dell'industria. Sono di natura sana, diversificata e localizzata, e possono ridurre il cambiamento climatico.
Insistiamo sulla necessità di escludere l'alimentazione e l'agricoltura dal mercato dei diritti di emissione del carbonio. Rivendichiamo una moratoria mondiale sugli organismi geneticamente modificati. I governi devono proteggere i mercati interni. Le nostre pratiche richiedono delle politiche di gestione dell'offerta che garantiscano la disponibilità di cibo, dei redditi dignitosi e dei prezzi giusti. Siamo disposti a discutere nuove disposizioni giuridiche che inquadrino le nostre pratiche. Riabilitiamo le sementi, le razze e le specie acquatiche locali più adatte al clima. Chiediamo che la ricerca scientifica venga riposizionata secondo obietti condivisi. Intanto promuoveremo le nostre innovazioni con mezzi di comunicazione propri attraverso programmi formativi, di educazione e divulgazione. Rifiuteremo di partecipare alle riunioni scientifiche dominate dalle lobby industriali. Rafforzeremo le reti alimentari che collegano le città con le campagne. Forgeremo delle alleanze nell'ambito di un COMPLEX ALIMENTARIUS, che riunisca i piccoli produttori, i trasformatori, i ricercatori, le istituzioni ed i consumatori, e sostituisca l'approccio riduttivo del grande codex alimentarius.
Ci impegniamo a ridurre le distanze tra produttori e cittadini. Sosterremo i movimenti di attori urbani interessati al cibo, l'agricoltura urbana e periurbana. Ci riapproprieremo del concetto di "cibo" ponendo l'accento sulla nutrizione e sulla diversità delle diete che permettono di escludere la carne proveniente dal regime alimentare industriale.
Stati ed aziende sono complici nelle pratiche allarmanti di accaparramento. In meno di un anno, oltre 40 milioni di ettari di terre fertili in Africa, Asia, America Latina ed Europa dell'Est sono state usurpate da questi patteggiamenti, sostituendo la produzione alimentare locale con gli interessi di esportazione.
Gli stati devono garantire alle comunità il controllo delle risorse naturali. Le riforme devono garantire ai giovani e alle donne pari opportunità in merito, correggendo le ingiustizie storiche ed attuali.
L'acqua deve rimanere un bene comune e non deve essere subordinata a meccanismi di mercato che regolino il suo uso e la sua gestione. Le riforme acquatiche devono riconoscere, proteggere e mettere in atto, legalmente, i diritti collettivi di accesso e di uso delle acque di pesca e delle risorse marittime alle comunità di piccoli pescatori. La chiusura dei corridoi di passaggio pastorali, l'espropriazione delle terre, delle ricchezze naturali e dei territori a discapito delle comunità locali per concessioni economiche, coltivazioni estensive, agricoltura ed acquacultura industriali, infrasrtutture turistiche e grandi opere devono cessare.
Gli alimenti derivanti dalla raccolta selvatica sono un'altra fonte di cibo importante per molte comunità e richiedono una specifica tutela. I diritti al territorio dei popoli indigeni comprendono la natura come organismo vivente essenziale per la loro identità e cultura. Chiediamo alla FAO di sviluppare una politica in merito riconoscendo i diritti territoriali delle popolazioni indigene, garantendogli l'accesso ai processi decisionali che riguardano le loro risorse, come lo prevedono gli articoli 41 e 42 della dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene. Rifiutiamo i diritti di proprietà intellettuale sugli organismi viventi. Dobbiamo mantenere il controllo delle sementi. Manterremo le nostre pratiche di scambio libero e di salvaguardia delle sementi e delle razze. Continueremo a sviluppare i nostri saperi per nutrire le nostre comunità in modo sostenibile.
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